Figlio di Antonio e di Silea Ferrari Corbolani, conseguì la laurea in ingegneria divenendo nel 1830 ufficiale del Genio dell'Esercito del Ducato di Modena.
Partecipe dei moti del 1831, riparò in Francia, dove ottenne di essere arruolato nel corpo del Genio. Nel 1835 passò in Spagna, ove restò tredici anni, per arruolarsi volontario nell'Esercito della reggente Maria Cristina, nella guerra contro i carlisti.
Tenente nel 5° Battaglione di Catalogna, poi Capitano quindi Maggiore, sempre per merito di guerra. Nel 1839 entrò nell'esercito regolare spagnolo e nel 1847 venne promosso Colonnello di cavalleria assumendo le funzioni di capo di Stato Maggiore del Comando Generale di Madrid. Sposò Carlotta Tio di Valencia.
Tornato in Italia, nel luglio 1848 ricevette l'incarico di apprestare a difesa la città di Vicenza, con il grado di Maggiore Generale.
Nel novembre del 1848 assunse il comando della 2a Brigata della "Divisione Lombarda", formata da volontari lombardi, e nel 1849 fu ammesso al Congresso consultivo permanente di guerra e nominato deputato per il collegio di Nizza Monferrato.
Partecipò alla campagna del 1849 e, nell'aprile dello stesso anno, impedì alla sua divisione di intervenire contro i genovesi insorti contro il Re, contro i quali era in atto la repressione comandata da Alfonso La Marmora. A causa di tale comportamento fu processato e allontanato dall'esercito.
Solo nel 1855 poté ottenere un nuovo comando e partecipò alla spedizione piemontese alla guerra di Crimea, alla guida della seconda brigata provvisoria.
Nel corso della Seconda Guerra di Indipendenza, con il grado di Luogotenente Generale, comandò la 2a Divisione, segnalandosi specialmente nei combattimenti di Magenta, Palestro e San Martino, motivo per cui venne insignito della Croce di Commendatore dell'Ordine Militare di Savoia.
Dopo l'armistizio di Villafranca venne incaricato della riorganizzazione delle divisioni formate dalle Lega dell'Italia Centrale (comprendente Granducato di Toscana, Ducato di Parma, Ducato di Modena e Legazione delle Romagne) e, nel giro di pochi mesi, seppe trasformarle in un funzionante corpo di 45.000 uomini circa. A lui si deve l'avvio alla costituzione della nuova Scuola Militare di Fanteria di Modena, ospitata nel palazzo del deposto duca.
Nel gennaio 1860 il Fanti divenuto Ministro della Guerra e della Marina procedette all'incorporazione dell'esercito della Lega dell'Italia Centrale nell'Esercito Sardo.
Nominato Senatore del Regno il 29 febbraio 1860, Fanti, decorato della Croce di Grande Ufficiale dell'Ordine Militare d'Italia fu posto a capo del Corpo d'esercito destinato ad operare nell'Italia centrale, avendo una parte rilevante nella liberazione delle Marche e dell'Umbria (battaglia di Castelfidardo e conquista di Perugia).
Decorato Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia, divenne Generale d'Armata e capo di Stato Maggiore Generale dell'Esercito nell'Italia meridionale, sconfiggendo i borbonici alla battaglia di Mola dove per l'assedio e resa di Gaeta (13 gennaio 1861), venne decorato di Medaglia d'Oro al Valor Militare. Il 4 maggio 1861 a Torino Fanti, in qualità di Ministro della Guerra, poté quindi decretare che il Regio Esercito, prima denominato Armata Sarda, avrebbe preso il nome di Esercito Italiano.
Alla morte del Cavour, il 7 giugno 1861 si dimise da Ministro, per assumere il Comando del VII Corpo d'Armata. Ritiratosi a vita privata nel 1863 per motivi di salute, morì a Firenze, il 5 aprile 1865. E' sepolto nella Cattedrale di Carpi.