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La riconquista del Montello
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Dopo la ritirata dell’esercito Italiano dall’Isonzo al Piave, il Montello assunse una funzione importantissima di appoggio d’ala, e vi si compirono lavori ingenti di fortificazione campale. Di tutto il nostro sistema difensivo nella regione sulla destra del Piave, esso era come la cerniera, il punto più delicato ed importante.
Dalla caduta di esso poteva dipendere quella dell’intero campo trincerato di Treviso. Vi furono, perciò, costruite quattro linee difensive: una marginale, lungo la sponda del fiume, affidata ad elementi isolati che incrociavano i tiri sul letto del fiume; una, detta « della corda », sottendeva la cuspide orientale del rilievo, col legandosi alla precedente, da una parte a Nervesa e dall’altra a Casa Serena, passando per Collesel della Zotta e Collesel delle Zorle; una terza linea, partendo dall’Abbazia di Nervesa, saliva sulla cresta e, seguendola in gran parte, si collegava alla marginale a nord di Pederiva, proseguendo poi fino a Cornuda; una quarta seguiva il margine meridionale per Bavaria, Busa, S. Martino, Pederiva di Biàdene.
Nella grande battaglia, del giugno 1918, lo sforzo austriaco fu diretto con particolare accanimento contro il Montello nella cui zona era schierata la nostra 8a armata (corpi d’armata VIlI e XXVII), al comando del generale Pennella. Dopo breve, violento bombardamento, con l’aiuto di nebbie artificiali sparse sul fiume, le truppe del XXIV corpo d’armata austro-ungarico, rinforzate grandemente con artiglierie (700 pezzi e 126 lanciabombe) lo varcarono, e, travolte le nostre truppe di osservazione, puntarono rapidamente sulle prime linee; poco prima di mezzogiorno sfondavano quella detta « della corda » e prima di sera raggiungevano quella di cresta, toccando da una parte Casa Serena e Casa Stella, dall’altra Sorilla, Bavaria e Giavera.
Nel pomeriggio nostri contrattacchi riuscivano a riprendere le località di Giavera e di Casa Serena; dappertutto, poi, si teneva testa all’avversario, dando tempo così al sopraggiungere di rinforzi, mediante i quali si riuscì ad impedire ogni ulteriore progresso nemico. Gli Austriaci tentarono un forte attacco, nel pomeriggio del giorno 17, nel settore meridionale tra il saliente a nord-ovest di Giavera e la stazione di Sant’Andrea, ma, dopo lotta durissima, furono arrestati e respinti. Il giorno 19 ebbe inizio la nostra azione controffensiva, per la quale il Comando Supremo italiano aveva prescelto appunto il Montello come il tratto più sensibile del fronte, sia per l’entità dei progressi che il nemico vi aveva effettuati, sia per l'importanza che la posizione aveva anche per il resto della nostre posizioni. L’8a armata fu rinforzata, quindi, con due corpi d’armata (XXX e XXII) furono costituite due masse d’attacco, le quali, scardinando la resistenza nemica a Casa Serena ed a Nervesa, dovevano ricongiungersi al vertice dei saliente di Falzè.
Si combattè sanguinosamente nei giorni 18 e 19; Nervesa fu ripresa dai nostri e riperduta; le perdite furono gravissime da una parte e dall’altra, ma il nemico si rese conto che ormai era per lui impossibile mantenersi sulla sponda del Piave. Nella serata del 20, infatti, il generale Boroevic proponeva al proprio Comando Supremo di ripassare il Piave, e nella notte del 23 veniva compiuta la ritirata. Il mattino stesso del 23 il Montello era rioccupato dalle nostre truppe. Da parte degli Austriaci, l’attacco fu detto « attacco autonomo del Montello ».
Nei combattimenti di quei giorni difficili per le armi italiane, il 19 giugno, dopo aver compiuto una missione, Francesco Baracca, mentre era impegnato, nella seconda missione durante la stessa giornata con altri due aerei della "Squadriglia degli Assi Italiani" in un'azione di mitragliamento a volo radente sopra Colle Val dell'Acqua, sul Montello, venne abbattuto.