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La conquista del Monte Nero
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È la montagna più alta (m. 2245) del bastione che si erge sulla sinistra del fiume Isonzo, e che dalla conca di Plezzo, per le successive vette dei monti Rosso, Sleme, Mrzli e Vodil, digrada nella conca di Tolmino.
Le truppe italiane, subito dopo aver varcato il confine (24 maggio 1915) e passato l’Isonzo nella conca di Caporetto, risalirono le prime pendici del Monte Nero espugnando l’intero contrafforte Vrsic-Vrata.
La conquista del monte però s’imponeva per dar sicurezza alle nostre posizioni sulla sinistra dell’Isonzo e per lo sviluppo della manovra verso Tolmino. L’attacco fu ordinato dal generale Donato Etna, comandante dei due gruppi alpini A e B (della 2a armata) operanti nella zona, per la notte sul 16 giugno; esso doveva esser condotto di sorpresa.
Truppe alpine del gruppo A dovevano muovere dal Kozliàk, e reparti del gruppo B dal Vrata. L’incarico dell’attacco dal Vrata fu affidato alla 35a cp. del battaglione Susa, comandata dal capitano Vittorio Varese; dell’attacco dal Kozliàk, fu incaricata l’84a cp. del battaglione Exilles, comandata dal capitano Vincenzo Arbarello, mentre un’altra compagnia di questo stesso battaglione (la 31a), al comando del capitano Rosso doveva puntare sulla destra dell’84a, verso la sella fra monte Nero e monte Rosso.
L’azione riuscì perfettamente; la colonna del capitano Arbarello, mossa dal Kozliàk alla mezzanotte, prima dell’alba raggiungeva la sommità del monte, e, piombata di sorpresa sui difensori, li travolgeva alla baionetta, parte uccidendoli, parte volgendoli in fuga. Parimenti fortunata volgeva l’azione dalla parte del Vrata, dove gli alpini del Susa, irrompendo altrettanto inattesi nelle trincee avversarie, costringevano quasi tutto il presidio austriaco alla resa (oltre 200 uomini con 12 ufficiali). La conquista del Monte Nero, così rapida e travolgente, fu definita dagli stessi austriaci « un colpo da maestro », e rimase sempre, per tutta il conflitto, uno degli esempi più luminosi e gloriosi di guerra alpina. Per essa i battaglioni Susa ed Exilles ebbero la medaglia d’argento al valore militare; il capitano Vittorio Varese (morto poco più tardi di malattia) la medaglia d’oro, ed il capitano Arbarello (travolto nell’aprile del 1917 da una valanga, in Carnia) la croce di cavaliere dell’O. M. S.