Dal 6 all’8 dicembre 1915 si svolse la seconda conferenza interalleata di Chantilly, indetta per discutere una proposta russa di realizzare tre offensive contro l’Austria-Ungheria: la Russia doveva attaccare dalla Galizia e dalla Bucovina, la Francia e l’Inghilterra da Salonicco, l’Italia dall’Isonzo.
Riconfermata l’importanza strategica dei teatri principali d’operazione e di offensive concomitanti, possibilmente simultanee, i rappresentanti militari alleati (il sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito generale C.A. Carlo Porro per l’Italia) convennero sulla necessità di realizzare l’offensiva generale simultanea nel marzo 1916.
Il generale Luigi Cadorna decise di attaccare i primi di marzo, anche per impedire concorrere all’offensiva tedesca su Verden.
La quinta battaglia dell'Isonzo fu, quindi, combattuta tra il 9 e il 15 marzo 1916. Gli italiani misero in campo 18 divisioni e 2 gruppi alpini mentre gli austriaci contrapposero 100 battaglioni circa.
La battaglia quindi si svolse sul Carso e sulla testa di ponte di Tolmino, dove gli italiani attaccarono il Mrzli, il S.Maria, il Podgora, la cima 4 del Monte San Michele, la Cappella Diruta e San Martino del Carso, da dove provenivano i rinforzi austro-ungarici diretti alle linee sul monte.
Gli scontri nel settore della 2ª Armata, dal Rombon al Sabotino, furono ostacolati dalle avverse condizioni atmosferiche, nonostante ciò riuscirono a guadagnare un po’ di terreno nel settore del San Martino sul Carso (Dente e Groviglio) e presso Seltz (Trincea Zeta).
Le perdite italiane furono di 296 morti, 1.271 feriti e 315 dispersi.