La Sesta battaglia dell'Isonzo, chiamata anche battaglia di Gorizia, fu combattuta dal 4 al 17 agosto 1916.
Il 6 agosto 1916, alle ore 7, ebbe inizio il tiro delle artiglierie italiane da Tolmino al mare. Sul Sabotino una colonna comandata dal colonnello Badoglio (cinque battaglioni), grazie a un dedalo di gallerie scavate nella roccia quasi a contatto delle posizioni nemiche, riuscì ad espugnarne la vetta e a sorpassarla scendendo sulla sponda destra dell’Isonzo sul costone/forcella di San Mauro (Šmaver, mt 507).
Sul basso Sabotino, invece, gli austriaci resistettero agli sforzi di un’altra colonna italiana, comandata dal generale Gagliani, il quale rimase ferito e dovette cedere il comando al generale De Bono; la quota 188 (presso Lenzuolo Bianco) e la sommità del vicino Podgora rimasero in mano austriaca. Oslavia e la sommità del Calvario (q. 184) invece vennero raggiunte e sorpassate dagli italiani. Nella notte gli austriaci contrattaccarono violentemente ottenendo qualche vantaggio ad Oslavia e al Graffemberg (Contado) per poi venir respinti sia sul Sabotino sia sul Calvario.
Il mattino del 7 agosto, riprese la battaglia, grazie anche a rinforzi sopraggiunti in aiuto agli austriaci. Le truppe italiane conquistarono q. 188 e il Dosso del Bosniaco (collocate tra Oslavia e Lenzuolo Bianco) e le trincee della Valle Piumizza (alle pendici a sud del Sabotino). In serata si registrarono resistenze austriache ancora sul Podgora, ma la stessa notte il Comando austriaco ordinò la ritirata sulla sponda sinistra dell’Isonzo.
I primi ad entrare in Gorizia, l'8 agosto 1916, furono i fanti del 28º fanteria "Pavia", comandati dal sottotenente Aurelio Baruzzi, medaglia d'oro al V.M.
Le difese austro-ungariche a nord e ad est di Gorizia comprendevano una serie ininterrotta di alture che coronavano la città e la proteggevano. Tra tali alture vi erano la dorsale dal Monte Santo, il San Gabriele, il San Daniele, e le alture minori di Santa Caterina, di Tivoli e di M. San Marco (, col retrostante bosco di Panovizza. La dorsale quota 383 - Monte Cucco di Plava - Monte Santo - San Gabriele - San Daniele, si prestava egregiamente invece a celare le artiglierie austroungariche a sua volta servite da ottimi osservatorî; dopo la caduta di Gorizia, tali alture sapientemente apprestate a difesa, valsero a sbarrare il passo verso est alle truppe italiane.
Uscendo dai sobborghi della città di Gorizia appena conquistata e dirigendosi alla sua immediata periferia est, i fanti italiani si avvicinarono al bosco Panovizza (Panovec). Tale quota boscosa, dove si occultava la scacchiera del nuovo sistema difensivo austro-ungarico, assieme all’allora cimitero di Gorizia (ora centro della città di Nova Gorica) col suo viale alberato e le mura del convento francescano di Castagnavizza furono tre riferimenti visivi fondamentali per i fanti chiamati all’avanguardia allo scopo di aprire i varchi alla nuova avanzata italiana verso est. Conquistata la quota del convento, il 10 agosto 1916, il 223º Reggimento della brigata Etna iniziò l’esplorazione delle prime balze del Panovizza; i colpi dei tiratori scelti delle truppe austro-ungariche, nascoste dal folto del bosco di castagni, causarono uno stillicidio di perdite da parte italiana che proseguì fino all’incontro con i reticolati che preannunciavano lo sbarramento difensivo tra le quote 165 e 174 ovest (Rafut).
Il 12 agosto, dopo una preparazione d’artiglieria resa più difficile dallo sbarramento visivo delle fronde che si stavano caricando di ricci verdi, i fanti della brigata Etna riuscirono a far tacere i nidi di mitragliatrice austro-ungarici tra le q. 165 e 174 ovest, dilagando nella trincea avversaria e poi nei camminamenti che la collegavano alla linea retrostante; grazie allo schermo della boscaglia, le truppe autro-ungariche passarono però poi al contrattacco, fissando alle sopraccitate quote la massima avanzata dell’offensiva italiana.
Il 14 agosto la 2a Armata riprese invece le operazioni per la conquista della cintura montana di Gorizia, dal Monte Cucco di Plava (Kuk) al M.te San Marco (Markov hrib), ma quattro giorni di combattimenti accaniti non gli diede che piccoli vantaggi locali. Il giorno 17, quindi, le operazioni vennero sospese.
Le perdite italiane furono ingenti, 6310 caduti, 32.784 feriti e 12.128 dispersi ma fu conquistata Gorizia, compreso il Sabotino, Oslavia e Podgora, S.Michele e tutto l’altopiano Carsico a est del Vallone.