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La battaglia dell'Ortigara
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Denominata in codice Azione K, fu una violentissima battaglia d'alta montagna combattuta dal 10 al 25 giugno 1917 tra l'esercito italiano e quello austriaco, che vide impiegati 400.000 soldati per il possesso del monte Ortigara, sull'altopiano di Asiago. Si tratta della più grande battaglia in quota mai combattuta. Alle 15.00 del 10 giugno i soldati andarono all'attacco. Dopo quasi 20 giorni di combattimenti ininterrotti e nonostante l’eroismo dei soldati italiani la vetta dell’Ortigara, coperta dei cadaveri dei caduti, rimase in mano nemica.
Le forze italiane ritennero la battaglia necessaria perché gli austriaci, a seguito della Strafexpedition, si erano ritirati su posizioni difensive più favorevoli, dalle quali potevano minacciare alle spalle le armate del Cadore, della Carnia e dell'Isonzo.
L
a linea austro-ung
arica partiva dal torrente Assa (sponda destra, poi sponda sinistra all'altezza d
i Roana) all'estremità occidentale dell'Altopiano dei Sette Comuni, passando per i monti Rasta, Zebio, Colombara, Forno, Chiesa, Campigoletti e Ortigara. Il piano italiano affidava al XX e al XXII Corpo d'armata il compito di sfondare il fronte austro-ungarico tra i monti Ortigara e Forno (il XX) e tra i monti Zebio e Mosciagh (il XXII). Il piano presentava però alcuni gravi svantaggi, come la mancanza di sorpresa (perché l'attacco era atteso dagli austro-ungarici), l'eccessivo concentramento di truppe italiane in pochi chilometri di fronte, la posizione dominante delle difese austro-ungariche e la loro disposizione ad arco che permetteva alla loro artiglieria di battere facilmente tutto il campo di battaglia.
L'attacco nel tratto a meridione dell'Ortigara fu più vigoroso sui monti Mosciagh, Zebio e Forno, ed ottenne risultati solo iniziali sugli ultimi due. Sullo Zebio la brigata Sassari, pur pesantemente colpita dai tiri corti dell' artiglieria italiana, riuscì ad occupare alcune trincee austriache, che non poté mantenere; sul Forno la brigata Arno, pur ostacolato dall'andamento della linea, che costringeva ad utilizzare le truppe a scaglioni, dovendo le stesse transitare per il collo di bottiglia costituito dalla dolina di Grotta del Lago, riuscì ad arrivare con il battaglione di testa sulla selletta tra le due sommità del monte; il reparto, non rincalzato e minacciato di aggiramento, dovette ripiegare.
Da segnalare l'episodio della mina predisposta sotto la lunetta di monte Zebio (quota 1677 m), esplosa prematuramente per cause mai del tutto chiarite, seppellendo molti ufficiali della brigata Catania, che si trovavano in ricognizione al momento dello scoppio.