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​​In previsione dell’entrata in guerra il generale Cadorna aveva concepito un disegno operativo di largo respiro, che avrebbe inserito lo sforzo italiano tra quelli degli Alleati in modo veramente coordinato ed efficace. Cadorna, infatti, aveva stabilito: difensiva sul fronte trentino; offensiva a fondo sul fronte giulio in direzione di Lubiana e Zagabria; eventuali offensive concorrenti dal Cadore e dalla Carnia.


Il piano, in apparenza ambizioso, si giustificava con un presupposto fondamentale: il concorso dell’esercito serbo dalla bassa Sava verso Lubiana e dell’esercito russo dai Carpazi nella pianura ungherese.


Lo schieramento dell’Esercito Italiano fu attuato di conseguenza:

  • la Armata: settore Trentino-Adige, dallo Stelvio alla Croda Grande;

  • 4a Armata: settore Cadore, dalla Croda Grande al M. Peralba;

  • Zona Carnia (Comando autonomo; poi XII Corpo d’Armata alle dipendenze dirette del Comando Supremo): da M. Peralba a M. Maggiore;

  • 2a Armata: da M. Maggiore a Prepotto;

  • 3a Armata (del Carso): da Prepotto al mare.

Complessivamente, a radunata effettuata (13 giugno 1915): 569 battaglioni, 173 squadroni, 512 batterie di cui due quinti schierati a sbarramento dei 560 km di frontiera intercorrenti tra lo Stelvio e M. Canin, due quinti sul fronte giulio (70 km), un quinto in riserva.

Prima del completamento della radunata le forze sulla linea di contatto procedevano all'occupazione di monte Altissimo, di Ala, Cortina d'Ampezzo (25 - 28 maggio).​


Per quanto riguarda il piano d’operazione del Comando austro-ungarico occorre dire che il capo di Stato Maggiore imperiale, Franz Conrad von Hoetzendorf, in un primo tempo aveva pensato ad un azione risolutiva contro l'Italia: raccogliere una forte massa nella conca di Lubiana ed aspettarvi gli Italiani per batterli in modo definitivo.


Per l’attuazione di questo piano egli aveva richiesto il concorso di 10 divisioni tedesche; il rifiuto del capo di Stato Maggiore germanico, Erich von Falkenhayn, obbligò a cambiare progetto. Il Conrad stabilì allora di resistere sulle ottime posizioni difensive del confine per logorare le forze italiane con il minimo delle proprie, continuando intanto nelle azioni in corso contro la Russia per sfruttarne il successo. Le posizioni di confine furono quindi solidamente preparate a difesa, completando ed aumentando l’efficienza delle fortificazioni permanenti. Oltre agli sbarramenti montani furono eseguiti grossi lavori sul Rombon, sul Monte Nero, alle teste di ponte di Tolmino e di Gorizia e sul Carso.


L’esercito austro-ungarico alla fronte italiana, deciso quindi a tenere, almeno per il momento, un atteggiamento difensivo, si schierò così:

  • Armata del Tiralo, dello Stelvio e M. Peralba;

  • Armata della Carinzia, dal M. Peralba all’alto Isonzo;

  • Armata dell’Isonzo, dall’alto Isonzo fino al mare.

In complesso 234 battaglioni, 21 squadroni, 155 batterie, a cui va aggiunto l’Alpenkorps bavarese, dislocato nel Trentino anche se ufficialmente non esisteva ancora stato di guerra tra Italia e Germania.


Le forze austro-ungariche, numericamente inferiori a quelle italiane, avevano il grande vantaggio di combattere da posizioni naturalmente forti e compiutamente organizzate a difesa, con opere di fortificazione permanen​te e lavori campali.