L'eco dei grandi massacri della guerra russo-giapponese (1904 - 1905) aveva destato qualche perplessità in Italia sull'uso dell'uniforme turchino - scura in dotazione all'esercito. Ma a tutto il 1905 non si era ancora tentato nulla. L'iniziativa venne presa da un borghese: Luigi Brioschi, presidente della sezione milanese del Club Alpino Italiano. Brioschi, nato a Milano nel 1853, dopo aver soggiornato a lungo negli Stati Uniti, era tornato in Italia nel 1904. L'idea di un'uniforme meno appariscente gli venne, come confesserà egli stesso, mentre leggeva sui giornali « delle stragi della guerra russo - giapponese ». Intuendo che, considerata « la spaventosa potenza delle armi da fuoco moderne, avrebbe avuto maggior vantaggio sull'avversario quell'esercito che sarebbe stato meno visibile sul campo di battaglia, e dalla cui divisa si fossero eliminati, con cura sapiente, tutti gli accessori inutili e tutti i colori accentuati ». Brioschi entrò in contatto con il tenente colonnello Donato Etna, comandante del battaglione Morbegno del 5° Reggimento alpini, a sua volta interessato allo stesso problema. Tra i due uomini nacque, ovviamente, un'immediata simpatia e grazie all'appoggio di un altro lungimirante ufficiale, il colonnello Francesco Stazza, comandante del 5° alpini, che ottenne le autorizzazioni dalle autorità militari, e con una somma messa a disposizione dal Brioschi, fu possibile iniziare nel luglio del 1905 i primi esperimenti, che si tennero nel Bergamasco, dov'era di stanza il battaglione Morbegno. Le prime prove furono eseguite su sagome riproducenti una coppia di alpini, una dipinta nell'uniforme turchino - scura, allora in uso, e l'altra con i colori sperimentali.

Le sagome vennero disposte a terra, in ginocchio ed in piedi alla distanza di 350, 450 e 600 metri. Le prove, a cui assistettero come osservatori e attori gli ufficiali ed i soldati del battaglione, consistevano nello sperimentare quali sagome fossero meno visibili, a seconda della luce e della distanza in varie ore del giorno. Si constatò che le sagome grigie, colore che finì per prevalere nei primissimi esperi­menti, non venivano avvistate, o venivano avvistate solo in parte, mentre quelle turchino- scure erano immediatamente individuate. Alle prove di avvistamento seguirono quelle di tiro, eseguite dai migliori tiratori del battaglione, nelle identiche situazioni e con gli stessi parametri di luce e di distanza. Il risultato fu che a 600 metri la sagoma grigia in piedi era colpita 3 volte su 24. Mentre quella turchino- scura, sempre in piedi, ben 24 volte su 24. Ce nera più che a sufficienza per passare alla seconda fase: vestire un reparto di prova con l'uniforme proposta dal Brioschi. Ma per fare ciò era necessaria l'autorizzazione del Ministero della Guerra, anche se il Brioschi per facilitare la procedura aveva offerto 500 lire, cifra sufficiente a vestire un intero plotone. Si cercarono allora degli appoggi, invitando personalità civili e militari ad ulteriori esperimenti, mentre il Brioschi, al 36° Congresso del Club Alpino Italiano, tenuto a Venezia il 10 settembre del 1905, propose che il Club stesso si facesse promotore dell'adozione della nuova e più moderna uniforme degli alpini. La presidenza del Club prese atto della proposta del Brioschi, ma non fece seguire alcuna favorevole pressione. L'interessamento del Brioschi all'uniforme degli alpini non nasceva soltanto dal fatto che, per amore della montagna, si sentisse più legato a questo corpo, ma anche ad una considerazione strategica. Riteneva infatti che, per la conformità delle nostre frontiere, in caso di guerra sarebbero stati impegnati per primi proprio gli alpini. Va ricordato che in quegli anni i nostri rapporti con l'Austria - Ungheria erano scossi dai continui tentativi di questa di penetrare più profondamente nei Balcani. Poiché anche l'Italia aveva le stesse mire, si poneva in diretta concorrenza con l'impero asburgico, anche se vi era legata formalmente da un patto d'alleanza. La proposta Brioschi dovette seguire il suo iter burocratico, che grazie alla favorevole relazione del tenente colonnello Etna, all'appoggio del colonnello Stazza, nonché alle calde raccomandazioni delle personalità che avevano assistito agli esperimenti, fu piuttosto veloce; il 24 luglio 1906 quaranta alpini della 45^ compagnia del battaglione Morbegno indossarono l'uniforme sperimentale grigio - creta. Colore che dette al plotone il sopranome di « Plotone Grigio ». Brioschi ed il tenente colonnello Etna non si occuparono soltanto del colore dell'uniforme, ma anche di introdurre capi più razionali alla vita ed all'impiego militare. Così se di Brioschi furono il « cappello molle », sul modello di quello in uso nell'esercito statunitense, ed il poncho, del tenente colonnello Etna furono l'introduzione del sacco alla tirolese, al posto dello zaino, e della nuova cartucciera derivata, sembra, da un modello russo che Luigi Barzini aveva mostrato ai due (un ricordo che il giornalista aveva portato dalla guerra russo - giapponese dove era stato come inviato speciale)....