fu l'ultimo scontro armato tra
Italia e l’impero austro-ungarico della
prima guerra mondiale; si combatté tra il
24 ottobre e il
3 novembre
1918 nella zona tra
Vittorio Veneto e le
Alpi Giulie e seguì di pochi mesi la grande offensiva della
battaglia del Solstizio che si infranse contro la linea del Piave e da cui l'esercito austriaco uscì quasi distrutto. L'evento segna la fine della guerra sul fronte italiano. Il
23 ottobre
1918 l'esercito italiano, supportato da un piccolo contingente di truppe alleate, si lanciò all'offensiva.
Nella zona Ponte della Priula-Grave di Papadopoli, nei primi giorni l'ingrossamento del Piave in piena travolse le passerelle gettate e non permise un facile sfondamento. Dopo aver attraversato il Piave, il XXIV Corpo d'armata al comando del generale
Enrico Caviglia liberò Vittorio Veneto (al tempo il suo nome era solo "Vittorio", "Veneto" fu aggiunto nel
1923), avanzò in direzione di
Trento, e mandò i reparti celeri (la cavalleria) all'inseguimento del nemico in ritirata. Il
28 ottobre fu proclamata l'indipendenza della
Cecoslovacchia, con conseguente disfacimento dell'Austria-Ungheria, che il
29 ottobre chiese la resa.
Il giorno successivo giunse a
Villa Giusti la commissione austriaca alla quale furono sottoposte le clausole del testo. L'armistizio fu ivi firmato alle 3.20 del pomeriggio del 3 novembre 1918 ed entrato in vigore il 4 novembre alle ore 15:00. La resa dell'Austria-Ungheria inflisse un duro colpo alla
Germania, rimasta ormai sola, e che di lì a poco avrebbe chiesto la pace.